venerdì 2 maggio 2014

André Kertesz

                                    KERTESZ  occhi innocenti

"Agli inizi fotografavo tutto quello che mi capitava davanti agli occhi, quello che mi piaceva e anche tutto il resto."





Kertesz ricorda il suo primo incontro con l'immagine fotografica, "il calore e la spontaneità che affioravano da quelle immagini mi incantarono e fu in quel momento che decisi di esprimermi allo stesso modo."


La mania che aveva di fotografare tutto lo spinse a portare con sé la macchina fotografica quando verrà arruolato nell'esercito austroungarico nel 1915; fotografava tutti i giorni la vita militare del fronte fino a quando non viene colpito da una pallottola; resta paralizzato per un anno, nonostante le condizioni di salute continua a fotografare soldati feriti, i bambini di un vicino accampamento di zingari; le immagini spontanee lo rendono visibile a una cerchia di intenditori, la rivista "Borsszem Janko" gli assegna un premio per un ritratto satirico legato all'esperienza militare. In seguito inizia a esprimere fortemente il suo modo maturo di fotografare la ripresa diretta, straight, di soggetti della vita quotidiana spesso in situazioni apparentemente banali. Al termine della guerra scoppia la rivoluzione in Ungheria con la conseguenza della distruzione di gran parte delle lastre di Kertesz.
Tornato alla vita civile riprende il lavoro alla borsa, continua a fotografare familiari, animali, contadini.
Nel 1923 l'associazione dei fotoamatori ungheresi gli conferisce il diploma d'onore; parte per Parigi, città di ritrovo di molti artisti. Kertesz segnerà con il suo scatto la fotografia francese e influenzerà molti fotografi. Cartier Bresson dirà in seguito "dobbiamo tutti qualcosa a Kertesz."
Divenuto amico di figure importanti nel mondo dell'arte della moda e dell'editoria del tempo, convincerà l'amico Brassai, allora giornalista, a dedicarsi alla fotografia. Gli si propone l'occasione di dimostrare attraverso una mostra fotografica alla galleria Sacre du Printemps  la validità creativa del proprio lavoro.
Il poeta Dadaista Paul Dermee scrive in versi la prefazione del catalogo:


Kertesz, occhi innocenti di cui ogni sguardo sembra il primo 
che vede il grande re nudo quando è vestito di menzogne 
che freme per i fantasmi che bazzicano i Quai de la Seine
che ci meraviglia ad ogni nuova immagine che crea 
tre sedie nel sole ai giardini di lussemburgo 
la porta di Mondrian aperta sulla scala,
gli occhiali su una tavola insieme con la pipa
nessun arrangiamento, nessun trucco, nessun inganno e nessuna manipolazione
la tua tecnica è onesta, incorruttibile come la tua visione,
nel nostro ospizio di ciechi,
Kertsz è il fratello che vede per noi.

Collaborerà con Life, Vogue; nel 1933 prende forma il progetto più importante della sua carriera, LE DISTORSIONI - affascinato da questo tema affitta presso un circo uno specchio deformante e con una Stegemann 9x12 su cui ha montato un obiettivo fotografa una quindicina di sedute di posa. 
"Ero molto interessato alle distorsioni ed avevo già fatto degli esperimenti fotografando attraverso un globo di vetro."
Nel 1936 si trasferisce a New York, "vi andai con l'intenzione di rimanere per un anno, quasi fosse un anno sabbatico, anche perché non avevo mai avuto il desiderio di arrivare." Più tardi scoppiò la guerra e gli fu impossibile ritornare in Europa. I giornali americani sono già impostati, non c'è spazio per il realismo magico di Kertsz, le sue fotografie sono troppo dense e originali, hanno un'impronta emozionale diretta e personale .
"Quando andai in redazione di Life mi dissero che apprezzavano le mie immagini, ma che le trovavano troppo significative, ciò che desideravano erano delle fotografie tecnicamente perfette non delle fotografie espressive."
Le sue immagini migliori di questo periodo sono quelle che realizza per sé nei momenti liberi.
Incontrando un amico gli confida: "sono un uomo morto, quello che vedi è un uomo morto". 
Decide di abbandonare le riviste per tornare alla vera fotografia che considera una missione. Da questo momento un susseguirsi di mostre personali, nuove edizioni di libri di fotografia, riconoscimenti.

"In tutte le mie fotografie ho cercato di esprimere me stesso, nient'altro."







Peppa Modotti

5 commenti:

  1. Foto bellissime! Grazie perché un po' alla volta rimedi alla mia ignoranza. I fotografi di cui ci parli sono tutti personaggi coraggiosi, appartengono a un passato che sembra quasi mitico e invece è molto reale, infatti la contestualizzazione che offri mi pare fondamentale: fa capire come tutto sia collegato e l'importanza di certe figure.

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  2. Mi piace leggerti e osservare queste foto " come una sorella che vede"
    Nina

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  3. ciao, le vite l'operato di questi fotografi mi emoziona ogni qualvolta li leggo mi portano in giro vivo odoro gioisco piango soffro con loro, vite vorticose intrise di passioni per il lavoro che fanno ricche di amori guerre e sofferenze,li adoro tutti mi hanno regalato luoghi momenti storici e la loro vita stessa che non è stata vissuta in vano ma ha lasciato un segno profondo nella storia, grazie a questo mezzo abbiamo la possibilità di vivere un passato che diviene presente ogni qualvolta rivediamo quelle immagini, quindi lo viviamo nel nostro presente, un passato un attimo immortalato per sempre, questo la rende l'arte più affascinante di tutti i tempi.

    peppa

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  4. Nina grazie per l'affetto sono felice che leggi con piacere, ma ti chiedo una delucidazione in che senso " come una sorella che vede"
    bacioo

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  5. Questa è una lanna che io personalmente ritengo parecchio interessante.
    Scopro cose e personaggi nuovi (per me ovviamente) e meravigliosi ed inoltre mi dà la possibilità di
    osservare il mondo attraverso prospettive diverse.
    Grazie Modotti.
    L.I.

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